Dicevamo…

Caro Francesco, che hai lasciato traccia sul blog in merito all’ e book….mentre ti leggevo, mio padre è entrato in casa con un vecchio libro di Calvino, ingiallito dal tempo, piegato dall’ umidità, vissuto dalle mani che lo hanno sfiorato. Ignaro del fatto che ho appena iniziato un romanzo su e book, mi dice : leggi questo brano.

“ La pagina ha il suo bene solo quando la volti e c’è la vita dietro che spinge e scompiglia tutti i fogli del libro. La penna corre spinta dallo stesso piacere che ti fa correre le strade. Il capitolo che attacchi e non sai ancora quale storia racconterà. È come l’ angolo che svolterai uscendo dal convento e non sai se ti metterà a faccia con il drago, uno stuolo barbaresco, un’ isola incantata, un nuovo amore. “

Mio padre voleva che leggessi del piacere dello scrivere, così come io lo sto febbrilmente vivendo, ma io ho colto il piacere del leggere, cosi’ come da tanto ormai mi accade. Hai ragione, non leggerò mai Pessoa sulla superficie liscia di un vetro che scorre senza mai farmi capire a che punto sono se non attraverso una percentuale sul bordo che mi appare come le calorie ingerite in una merendina.  Ci sono autori, poeti che rivendicano un ritmo, un respiro mentre si donano al lettore. Ci sono parole, emozioni che non puoi fare tue totalmente se sono imprigionate in uno schermo asettico come il bugiardino dell’ aspirina.

Però sta notte alle 4 , mentre faticavo a prendere sonno e dividevo la stanza con la famiglia, mi sono rintanata sotto le lenzuola ed ho acceso la lucina dell’ e book.  Senza fatica alcuna, benché costretta dalla posizione e dalle coperte, mi sono letta un bel  “ 20 % “ di un romanzo .

Il confronto con voi lettori appassionati mi sta insegnando la mediazione.

E comunque, a conti fatti, questa diatriba  ci spinge a ricordare a noi stessi quanto sia bello leggere.

Il leggere mi ha salvata  da tante notti insonni, mi ha portata verso il futuro quando il presente mi faceva paura, mi ha insegnato cose che non ho mai saputo.

Leggere a volte è come un puff di Ventolin : ti apre i polmoni in un secondo.

Leggere è esattamente quello che scriveva Calvino nel brano che ho citato sopra , solo che io non riuscirò mai a scriverlo così bene !

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case di campagna

Nelle case di campagna, quelle che ti sono capitate addosso per divisioni familiari non sempre comprensibili, ci vai e le vivi sempre come le hai trovate.

Non sono case che hai cercato in una gita fuori porta per costruirti un nido d’ amore nel verde, non sono la casa che hai sempre sognato per condividere i piu’ bei momenti con la famiglia.

Sono spazi nati insieme a te e ben prima di te. Non ti fai troppe domande. La domenica fai la borsa frigo e ci vai.

In genere l’ arredo è esattamente quello di tua nonna : poltrone imbottite di lana, fiorate, credenze rustiche con i tarli, quadretti di paesaggi senza profondità. Le piastrelle del bagno e della cucina sono terribilmente anni 60 : inguardabili !

Dopo anni che le vivi capita di aprire cassetti ( che non avevi mai contemplato ) per cercare una penna e ci trovi la garanzia della lavastoviglie del 1971. Ci trovi ciotoline per gli aperitivi a forma di foglia di lattuga, vecchie foto dei tuoi genitori immortalati sullo stesso sfondo dove oggi fotografi i tuoi figli, evidentemente dove la vallata rende meglio.

Nelle case di campagna i materassi sono di lana che per spostarli ci vogliono tre persone. Gli anni passano, spesso ti dici che non ci vorrebbe niente a cambiare la mensolina del bagno, ma alla fine non lo fai mai .

I lampadari sono a 6 o 8 candele ( proprio candele di ceramica con la finta cera che cola ) ma non funzionano mai tutte insieme. La luce quindi è anch’ essa anni 60 : non chiedetemi però di descrivere com’ è l’ effetto di una luce anni 60. Chi l’ ha presente non ha bisogno di una parola di piu’ , chi non l’ ha presente non potrà comprenderlo neppure con un tomo di 1000 pagine.

In queste case il tempo si è fermato. A volte la cosa sembra molto deprimente, a volte affascinante. A volte possono essere un rifugio dal mondo, a volte ti isolano dal mondo.

In case come quella che descrivo ci si rifugiava in tempo di guerra quando la sera non potevi stare a Milano perché bombardavano i palazzi. L’ acqua si scaldava sulla stufa a legna ed il camino era il cuore pulsante della  famiglia. I bimbi al mattino uscivano con il secchiellino smaltato per prendere il latte dalle mucche. Ci sono stati attimi in cui l’ istruzione scolastica si è vissuta su questi tavoloni mettendo insieme bimbi grandi e piccoli davanti a calamai e pennini.

Oggi su questi tavoli ci trovi Ipad, computer portatili, Nintendo, cellulari.

La luce dei lampadari è corretta da un’ abat jour dell’ Ikea che fa tanto atmosfera Svedese e l’ arrosto te lo scaldi al micro onde.

Ma le piastrelle del bagno…son sempre le stesse.

 

 

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MONDONICO

Lasciare il caos cittadino dopo il mese piu’ stressante dell’ anno e approdare in un microbico paesino situato in cima ad un piccolo monte dove si contano i lampioni sulle dita di una mano, dove le strade sono tre e portano tutte ad una chiesa che la domenica può accogliere massimo 50 fedeli, dove non ci sono negozi, dove gli abitanti sono una trentina, è un cambio di prospettiva decisamente rilevante.

E’ come viaggiare prima su un jet e al primo scalo proseguire a piedi.

Ci vuole un po’ prima di abituare i sensi.

Viaggiando in aereo si vedono migliaia di cose, paesaggi nell’ insieme, milioni di case : incameriamo tutto e niente nello stesso istante.

A piedi siamo, in qualche modo, obbligati a vedere al microscopio, ad accorgerci di ogni cosa, persone, visi, espressioni, voci, anche gli aloni sui vetri dei palazzi.

In questo paesino il cui nome non ricorda niente di importante, puoi avere l’ occasione di fermare il tempo e riscoprire i tuoi sensi. Puoi avere lo spazio per tornare dentro di te. Proprio nei luoghi lontani dal tutto, in assenza del resto, senza stimoli, puoi finalmente girare la telecamera all’ interno delle tue viscere ed inquadrare il tuo corpo, la tua anima.

La cosa non è sempre allettante, intendiamoci.

Anzi, è molto piu’ facile farsi travolgere dai rumori, dalla folla, dagli impegni quotidiani soprattutto se abbiamo dei conti in sospeso con il passato o delle angosce da gestire. Oppure è piu’ semplice vivere in città perché dal desiderio in un caffè al poterlo bere passano 5 minuti. In un luogo isolato ogni bisogno va decodificato e almeno in parte filtrato dalla logica.

Ma in questo piccolo paesino di notte si riescono a vedere le stelle, tutte quante, l’ aria odora di legna che brucia dentro caminetti le cui fiamme dipingono di atmosfera le case.

Il silenzio all’ inizio rimbomba quasi nella testa…ti viene da ascoltarlo perché sembra che nasconda dei suoni lontani, provenienti da un sogno. In realtà il silenzio è assolutamente e solo silenzio. In città non lo potremo mai e poi mai sentire.

Quando ti va puoi uscire da casa e fare due passi, senza destinazione.

Ti chiedono : dove vai ?  Rispondi : fino al castano e torno.

I riferimenti spaziali non sono piazze, non sono cinema, viali ne fermate del tram : sono alberi, tornanti, prati. I boschi circondano ed avvolgono totalmente le poche case. Sembra dicano : siete voi gli ospiti in questo luogo, non vi concederemo un metro di piu’.

Quando la nebbia sale fin quassù la vallata scompare e ti sembra di passeggiare sulle nuvole.

Fatichi a vedere le case di fronte, poi dal nulla compare un pino verdissimo che contrasta sul bianco come una pennellata di verde smeraldo su un foglio . In realtà tutto il paese volendo starebbe dentro un foglio formato A4.

Sta in questo la magia : riuscire lentamente ad abbandonarsi all’ ascolto di se stessi fino ad estendere il proprio immaginario da un foglio grande come la lista della spesa all’ universo intero.

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MI RUBANO L’ ANIMA

La prima novità che affronterò nel 2014 sarà leggere con e book.

La mia piu’ cara amica me lo ha regalato in agosto e mi ci sono voluti 4 mesi per accettarlo fra le mura di casa.

Essendo io un’ amante della carta stampata, dei libri che pagina dopo pagina mi accompagnano nelle notti insonni, aderire a questa nuova modalità di lettura mi fa rabbrividire. La presenza di un libro in una casa non è  a scopo ornamentale, ma  per proseguire un legame con la letteratura, con un racconto che ci è piaciuto, con un saggio che ci ha insegnato qualcosa. E’ un po’ come tenere a vista la foto di un bel viaggio e guardarsela di sfuggita mentre passi dalla cucina al bagno , dentro giornate tutte uguali.

Una libreria è anche un messaggio visivo che diventa psicologico per un figlio : dall’ infanzia potrebbe emulare e seguire l’ esempio appassionandosi alla lettura  . Una libreria all’ entrata di casa è l ultima cosa che vedono i tuoi amici e, come accade spesso, un’ attimo prima di congedarsi, danno un occhiata alle ultime cose che hai letto e ci si scambiano consigli.

La copertina di libri che ho amato mi ha fatto compagnia accanto al letto come un bel mazzo di fiori.

Mi rendo perfettamente conto del mio vivere anacronistico rispetto alla tecnologia : sono sempre arrivata in ritardo rispetto agli altri su tutto. Ancora oggi mi pare assurdo mandare foto con il cellulare mentre la persona che ho accanto fotografa pure il numero del parcheggio sotterraneo del supermercato per ricordarsi dove ha parcheggiato la macchina.

Il mondo è delle persone pratiche, io sono tutto tranne che pratica.

L’ e book credo sia la cosa piu’ funzionale che esista, ma faccio una fatica mortale a mettere sulla lettura la priorità del  comodo, veloce e zippato.

Un libro non ingombra  : fa compagnia.

Un libro non è mai vecchio : è eterno.

Prima che un libro entri fra le mura di casa, c’è una cosa forse ancora piu’ bella : andare per librerie e girare fra gli scaffali, sfogliando pagine, leggendo prefazioni, innamorandosi delle copertine.

Nelle giornate di pioggia, in pausa pranzo, guai se non avessi un libro da comperare.

E’ vero, mi è accaduto di rimanere a corto di libri proprio in luoghi dove la prima libreria era a 30 km di distanza…sono andata a ripescare volumi dentro cassetti ammuffiti ed ho rivalutato edizioni che avevo snobbato in precedenza.

Insomma, l’ unica ragione per cui girerò sui mezzi pubblici con una sottiletta rivestita di pelle nera, nel 2014, è perché mi è stato regalato da una persona che amo.

La quale, non essendo crudele per natura, mi ha fatto probabilmente un regalo sensato….sa che mi capita di leggere quintali di libri e che mi lamento per i costi. Sa che se rimango senza libri mi viene il cattivo umore.

In fondo, prima o poi, tutti passeremo dall’ e book. Si tratta solo di farci l’ occhio.

Vi ricordate i primi cellulari ? molti di noi dicevano : “ aaaaaah il cellulare a me non mi beccherà mai…”

Io sono un passo indietro, al livello di alcune tribù indigene che non si fanno fotografare nel timore che gli venga rubata l’ anima.

 

 

 

 

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VALIGIA ASSASSINA

Per chi avesse la fortuna di fare un lungo stacco per le feste natalizie ( visto che i figli sono a casa da scuola  “ solo “ 18 giorni ),  si presenta l’ ultimo teorico scoglio da affrontare dopo i pranzoni e la citrosodina. Infatti, se è  vero che abbiamo appena fatto il giro di boa, è anche vero che abbiamo ancora la parte finale del percorso per definirci, almeno simbolicamente, in vacanza.

Il 90 % delle donne vede la preparazione delle valigie come un dramma apocalittico, il 90 % degli uomini come una scemata e ci guardano come malate di mente,  UNICAMENTE PERCHE’ NON HANNO MAI PREPATATO LA VALIGIA IN VITA LORO PER 4 PERSONE, PER ANDARE VERSO CLIMI VARI ED IGNOTI, dalla campagna, alla possibile neve montana, per 15 giorni, zaini dei compiti compresi.

Ora, la preparazione delle valigie richiede possibilmente l’ assenza dei familiari nel raggio di 2 km per tentare di ottimizzare al massimo tempo ed energie.

I mariti anche qui si lamentano perché li mandi al cinema con i bimbi dovendo affrontare “ una fatica “ non voluta desiderando stare a casa al calduccio .

Metabolizzato il trauma dell’ infilarsi un cappotto e del tasto dell’ ascensore da schiacciare, noi  ci ritroviamo sole con gli armadi che ci fissano con aria di sfida e ci dicono : non troverai mai la calzamaglia da sci che hai usato 11 mesi fa, non ti dirò mai dove hai cacciato le chiavi della campagna, non saprai mai dove hai stipato la sacca porta biancheria.

Ma  non ci lasciamo abbattere e cominciamo l’ accumulo schizzofrenico di cose che “ potrebbero servire in caso di “.

Ci fosse anche solo un dito di neve, i bimbi si butteranno di testa con il bob : scarponcini da neve, pantaloni e giacca da neve, guanti, sciarpa e cappello. Per una casa di campagna con i riscaldamenti che funzionano in leasing : pile, maglioni tre strati, calzerotti. E siccome ci sarà pure la lavatrice ma la biancheria asciuga in 3 settimane : cambi a decine come fossimo in una truna nei boschi deserti della Dalarna nel Medioevo.

Per fare i compiti di ogni materia, 10 libri a testa compreso il vocabolario di inglese.

Per salvare i cibi che non siamo riusciti ad ingerire, cioè un camion di roba, vini compresi e cotechino, due borsoni frigo.

Per finire, i regali nuovi appena ricevuti : scatole del piccolo chimico, libri, libretti, SHANGAI lunghi un metro GIGANTIIIIIIIIIIII. Dvd, il paroliere, BULLET , I MOSTRI della wii e siccome in campagna, dopo le due ore che si riesce a stare in giro, scende un buio ed un freddo da Polo nord…e siccome non c’è un bar nel raggio di 30 km….vi arrischiereste a lasciare a casa tutti giochi nuovi ?

Chiudendo la tematica potrei ammettere che una metà delle cose che si mettono in valigia sono frutto di una follia patologica ingestibile, ma….ma anche dovessimo lasciare a casa la metà delle valigie, la situazione sarebbe comunque disperata.

Ps : dopo 3 ore con la testa negli armadi, torna il marito in questione e di solito dice : “ooooooh, ora che mi sono dedicato io ai bimbi, tocca a me un po’ di riposo davanti al computer !”.

CAPITOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO?

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REGALI etc etc…

Vi ricordate i bavaglini ricamati che si vendevano con scritto “ il mio primo Natale “ ?

Il neonato ignaro viene vestito elegante il 25 dicembre, con questa frase che è preludio di una vita intera scandita dai Natali.

Anche se da lì in poi ne maciniamo parecchi, avremo sempre un “ il mio primo Natale “.

Da genitori avremo un primo Natale con un figlio, da figli avremo prima o poi un Natale senza genitore. Molti si sono seduti a tavola senza poter scegliere se litigare o meno con un familiare, semplicemente perché non c’è piu’.

Conosco due persone che oggi hanno trascorso il primo, di tutti i Natali a venire, senza un fratello. Ma c’è anche il primo in cui decidi di uscire allo scoperto e non stare con tuo marito o tua moglie, il primo in cui i tuoi figli ti guardano con occhi consapevoli e capisci che è l’ ultimo in cui Babbo Natale sarà argomento dominante delle feste. Quest’ anno ho riposto nell’ armadio il saccone verde di panno che riempiamo da lasciare sul pianerottolo ed ho avuto la precisa sensazione che non lo useremo mai piu’.

Per quanto la vita sui calendari sembri sempre uguale, cambiando solamente il numero finale dell ‘ anno e per quanto il menu’ delle feste sia identico a tutti gli anni passati, almeno fino ai tempi della guerra, in verità ogni Natale si chiude con una consapevolezza diversa .

I regali che riceviamo raccontano moltissimo su come ci vedono gli altri. A volte ci rendono felici, spesso ci appaiono incomprensibili.

Le persone che ci conoscono bene non è che sbaglino a valutarci nella nostra complessità, semplicemente scelgono di farci un regalo che dia piu’ importanza ad una sfera della nostra vita rispetto ad un’ altra.

I genitori invece generalmente ci fanno un regalo che da importanza a come LORO vorrebbero che fossimo. Non si contano i vestiti eleganti che ricevo da mia madre…quando ero ragazza, appena lasciata l’ infanzia invece si ostinava a regalarmi pigiamoni di pile con le paperelle…un giorno ha dovuto prendere atto che ero diventata donna.

Anche fra amici sono cambiati i regali : un buon vino d’ annata…regalo graditissimo. Ma vi immaginate  riceverlo a 20 anni ?

A mio figlio abbiamo regalato un mini elicottero tipo drone…così complesso da gestire che mio marito, con gioia mal celata, sta mattina vagava per la casa con un telecomando ed un elicottero che sfiorava  lampadari e visi assonnati. Mio figlio lo guardava ansioso di provare e lui diceva : “ inutile spiegartelo ora, poi si rompe “.

Molti adulti non si scambiano piu’ regali da un pezzo…a me la cosa per certi versi rasserena. LA sorpresa non mi è mai interessata e solo una su dieci era quella che avrei desiderato, quindi..Certo chi mi conosce a fondo mi sommerge di libri, così tanti che neanche avessi due vite riuscirei a leggerli.

 

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GIRO DI BOA

Siamo al giro di boa.

Ho chiuso “ baracca e burattini “, come si usa dire forse solo in Lombardia.

Ho girato a doppia mandata la chiave dell’ ufficio, ho comperato l’ ultima cosa inutile : sono a cavallo !           

Questa sera mi sono seduta a tavola con la mia famiglia ed i miei genitori ed ho ritrovato me stessa. Il brodo ripieno di mia madre è un rito che mi pacifica con la vita. Piccolissime polpettine del diametro di mezzo cm, fatte di carne squisita, piccolissimi frammenti di cardo e mozzarelline, in un brodo di gallina. Tempo di preparazione : una settimana. Ai miei occhi  : una vita ! Mentre io vagavo per la città passando dalla banca, dalla posta, in coda nei negozi, trangugiando caffè bollenti, divorando tramezzini orrendi, mia madre sapientemente preparava piu’ di mille polpettine di carne.

In un caos  generale dove ti sembra che tutto sia pazzesco e privo di senso, la tua vita comunque ha un senso. Il mio senso sono gli affetti e chi mi ha seguita fin qui lo avrà perfettamente capito.

Persone attente mi hanno chiesto il perché del mio vedere le cose in chiave malinconica.

La mia malinconia, se la dobbiamo decifrare, è come la Saudade portoghese…un termine che è quasi intraducibile, ma che racchiude in se la nostalgia del passato e la speranza per un futuro che verrà. La malinconia non è tristezza, è la consapevolezza di tutto il bello che si è vissuto, degli affetti che attraversano la nostra vita, è il sentire la loro mancanza quando non ci sono.

Io non sono triste !

In questa vigilia di Natale io straripo di affetti, di persone amate…mi sento capita, ascoltata.

Accolgo ogni singolo gesto di affetto come un privilegio, un bene, un regalo. Una telefonata, un messaggio, un invito a cena, una parola, un elogio…sono per me oro .

La nostalgia è nel realizzare che tanto bene non riuscirò mai ad abbracciarlo, tutto insieme. Vorrei avere cento occhi, cento sguardi, cento carezze, cento mani per stringere altre mani. Vorrei ascoltare tutti, il loro dolore, le risate.

Mi struggo , non capisco il perché di tutto questo bene intorno a me.

Dalla persona che mi sta accanto, ai figli…agli amici piu’ cari.

Non mi bastano cento vite per ricambiare tutto quel che mi viene dato. Forse per questo scrivo, per spiegare a me stessa ciò che sfugge al quotidiano. Per avere l’ illusione di diventare multipla di me stessa.

Pessoa mi viene in aiuto sempre :  “ la letteratura, come tutta l’ arte, è la confessione che una vita non basta “.

 

 

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TRANS

Divento pazza, divento pazzaaaaa !

Oggi nella pausa, così detta “ pranzo “, ho iniziato a percorrere una via con la pasta al ragù ingerita in ufficio ma mai arrivata allo stomaco, come accade ai pellicani. Decisa a finirla una volta per tutte con l’ acquisto dei regali, sono entrata in tutti i  negozi possibili comperando cose assurde e facendo una coda di 20 minuti per ogni singola cosa. Anche per un temperino a forma di naso nella cui narice puoi infilare una matita da temperare.

Mi sono caricata di libri, di salami, di scarponi da montagna, nella stessa ora.

Alcuni mi guardano con compassione e mi dicono : “ ma perché ti sei ridotta all’ ultimo ? “.

IO –  NON- MI- SONO- RIDOTTA -ALL’- ULTIMOOOOOO.

IO COMPERO REGALI INUTILI DA FINE NOVEMBREEE !!!

Oggi poi c’ erano almeno 11 gradi e fare le code nei negozi con piumino, sciarpa e guanti è stata un’ esperienza indimenticabile. E voi ? voi dall’ altra parte dello schermo…non mi dite che avete comperato cose utili. Un guanto da forno lo avrete comperato anche voi. E ditemi, avete pensato alla pediatra ? alla vicina di casa ? alla zia del marito ?

Oggi giravo per la città con un ombrello da pirata con il manico a forma di sciabola da incartare. No, non è possibile…la città era nera, nera sopra, nera sotto, le strade infangate di smog, i cieli infangati di inquinamento luminoso, la gente infangata di città.

Sta sera devo andare in trance, lo devo a me stessa.

Chiudo gli occhi e penso ad una giornata meravigliosa trascorsa in Austria.

Un prato verdissimo tirato a lucido come un tavolo da biliardo, si affacciava su una vallata che pareva non finire mai. L’ aria era pura, profumava di paradiso. Che profumo avrà il paradiso ? forse io l’ ho sentito. Il silenzio irreale veniva interrotto, ogni tanto, dallo scampanellio di una mucca che ci guardava indifferente e placida. Le mucche, quando ti trovano sul loro percorso, ti guardano sempre con una certa compassione, sembra ti dicano : “capisco che per te è importante venire fin quassù per sentirti vivo, ma la cosa non modifica la mia giornata di una virgola”.

In Austria la natura è organizzata per farti sentire felice. E tu vuoi sentirti assolutamente felice. Nascoste fra gli alberi c’ erano delle chaise loungue in legno rivolte verso la vallata e lì accanto c’ era un tronco sul quale potevi selezionare un brano di musica classica da ascoltare in religioso silenzio.

Dopo ore di cammino, la nostra famiglia si è accomodata su quelle belle poltrone ed insieme ai bimbi abbiamo assaporato un panino prosciutto e formaggio ascoltando Mozart.

Il mio riposo dei sensi è rimasto lassù, imprigionato in atmosfere che qui non esistono, imprigionato in un sogno che puoi ritrovare a Milano solo chiudendo gli occhi.

 

 

 

 

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PRESEPE IDEALE

Ho trascorso la giornata a casa di amici : sono entrata in un presepe!

In un presepe di quelli che piacciono a me, dove non c’è spazio per fare le belle statuine, dove non si recita a soggetto, dove le persone non sono di cartapesta e le emozioni le puoi toccare. Sono entrata in un presepe “ interattivo “ dove il paesaggio ed i sentimenti cristiani sono raccontati tutti insieme, senza parabole, senza croci affisse.  Questo presepe si chiama “una famiglia”, che sta affrontando un periodo dove una malattia ti impone cure dolorose, che sta mettendo goccia a goccia l’ energia per dare un senso alle feste, anche se la stanchezza ti consuma da mesi, lentamente, inesorabilmente.

In questo presepe c’ era una Madonna, di quelle che piacciono a me : il suo manto era una coperta di pile verde  a cuori rossi ed i suoi occhi erano pieni di dolcezza nonostante le sue ossa doloranti le imponessero di stare sdraiata. Questa Madonna è quella che vorremmo avere tutti nel nostro presepe ideale : è una madre, la madre di tutti, la madre come dovrebbero essere tutte. Accoglie la vita, gli amici e apparecchia per 8, sa che i figli giocheranno e si distrarranno, sa che la compagnia può essere un balsamo che fa stare bene.

Al suo fianco c’ era un marito, un papà, che sta cercando di fare anche un po’ da madre per i momenti in cui ce n’è bisogno.

Non ho ben chiaro come potesse essere Giuseppe accanto a Maria mentre cercavano rifugio in un luogo caldo, cercando di proteggere la sua compagna.

Questo padre si è incamminato al fianco della moglie in un cammino impervio, lungo un sentiero stretto stretto e ci sono giorni in cui devi tenere alto lo sguardo perché se guardi giu’ il precipizio fa paura. Nel presepe che ho visto oggi ci sono giornate in cui il cammino sembra interminabile ma il senso della famiglia è come una cometa che sta ben salda e luminosa davanti a se. Chi ha fede, ha fede nella famiglia, rende la propria casa un luogo accogliente dove la pietà lascia spazio ad un sorriso, dove l’ amicizia è come un’ abbraccio caldo, dove la genitorialità è un faro che illumina a km di distanza.

Non c’era tristezza in quel presepe, si respirava umanità a pieni polmoni. Si respirava sentimento, voglia di vivere e di progettare.

Un presepe così me lo vorrei tenere in casa, tutto l’ anno !

 

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RIGURGITO

“ Ho perso le parole, eppure le avevo qui un’ attimo fa…dovevo dire cose..”

Così cominciava il testo di una canzone.

Dicembre, la fine dell’ anno, la stanchezza…non so.

Il quotidiano si svuota di poesia.

Il sonno prende il sopravvento.

Ma dobbiamo per forza trovarla la poesia ?

No perché a me scatta la reazione contraria.

Potrei scrivere un’ enciclopedia sui frammenti di vita, quelli aderenti alla realtà. Quelli che piu’ son normali e piu’ mi appaiono una sorta di miracolo, mentre la ridondanza delle feste comandate paradossalmente mi sbatte in faccia la banalità del vivere.

Ma non dovrebbe essere il contrario ?

Accade anche a voi ? o solo a me ?

Insomma, c’è molta piu’ magia nello spalmare la nutella sui fogli sottilissimi di pane Carasau che preparo ogni santa mattina ai miei figli e che mi si frantuma in mano,  piuttosto che mettere a festa la tovaglia del  Natale.

Le luminarie vestono la città di un’ abito patetico  e risaputo. Le strade sembrano quelle vecchie signore che si imbellettano con vestiti di gran seta e sanno di naftalina. I negozi espongono due palline colorate, quelle dell’ anno prima, si sa. Il supermercato ci prepara un percorso minato di cibi : se non caschi alla prima corsia mettendo nel carrello i peperoncini ripieni, cascherai ai Panettoni in offerta.

Io sull’ albero di Natale ci appenderei  cose vere, non sfere di plastica.

Fra quei rametti sintetici ci vorrei attaccare quel che è stato un’ anno intero, nel bene e nel male. Lacrime cristallizzate, l’ eco di una risata, le penne cancellabili consumate dai compiti.

Se il Natale deve avere un senso dobbiamo dargli un senso, anche per noi stessi, non solo per i figli. Farei ghirlande di camicie non stirate, di scontrini dell’ S lunga. Un carrilon  che canta la sveglia delle 6,30 del mattino, di 350 mattine.

Allora mi sembrerebbe il mio Natale, non quello di Antonio Banderas che sforna le brioches in una cascina sulle colline Toscane.

Aspettate a chiamare il telefono azzurro.

Un senso sto cercando di trovarlo anche per i miei figli.

A parte i regali ai quali ovviamente stiamo provvedendo, stiamo cercando di condividere con altre famiglie bei momenti di relax e amicizia.

Se Natale deve essere almeno stiamo spartendo il pecorino con delle belle persone. Stiamo dando occasione ai bimbi di confrontarsi, di specchiarsi nella vita degli altri, di conoscere tante realtà familiari, di misurarsi ogni volta con caratteri, abitudini diverse.

Questo è il nostro Natale piu’ sincero.

Il bene non è una cosa che passiamo attraverso il patè, l’ amore non si assume con il torrone, la felicità non si misura in quante palline hai sull’ albero.

La famiglia è ovunque veniamo ospitati con generosità.

Buon Natale soggettivo a tutti !

 

 

 

 

 

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