COMPARSE

Camminando per strada mi capita sempre piu’ spesso di soffermare lo sguardo sulla gente. Mi colpiscono visi, caratteri, comportamenti, modi di incedere che mi fanno immaginare la vita intera delle persone, come se ognuno di loro fosse una pagina scritta di un libro e avrei voglia di strapparla per portarmela a casa.

Mi porto a casa parole, occhi, cappotti, solitudini, amarezze, bellezza.

In egual misura in una metropoli mi colpiscono sia le grandi felicità , sia le grandi solitudini.

Mi chiedo  come si possa essere profondamente felici in un luogo così ostile alla pace, alla salute, all’ uomo ma anche come sia possibile che in un enorme formicaio di persone, palazzi, negozi, giardini, ritrovi, iniziative, semafori, tram, molti possano essere profondamente soli. La solitudine suppongo si crei lentamente, senza che nessuno intorno a te se ne accorga. Complice il caos cittadino, le persone sole inizialmente trovano sollievo nel non venir notate per una sorta di imbarazzo verso la società.

Poi un giorno, d’ un tratto, la società non ti vede proprio piu’ e tu sparisci come un fotogramma tagliato, in un film dove non sei piu’ ne protagonista ne comparsa.

Cammini per la strada e sei assolutamente trasparente.

A volte ti guardi le mani per capire se sei ancora materia in carne ed ossa.

In una città, per essere visibile, devi avere almeno un figlio da portare a scuola o una moglie da accompagnare al supermercato o un genitore anziano da portare dal medico o un’ amica per bere un caffè. Molti hanno un cane da portare ai giardini.

Una figura emersa da poco nella nostra società è “ il nonno amico “ che forse, privato del lavoro di una vita e dei suoi affetti, ha scelto di mettersi al servizio delle famiglie che non sono la sua.  I nonni amici indossano ogni mattina una fascia ben riconoscibile affinchè il loro ruolo sia comprensibile alla gente. Si alzano all’ alba anche d’ inverno, si mettono i vestiti ordinati e vanno al loro appuntamento con il mondo, là fuori. Ad ognuno è assegnata una scuola, un asilo. Si rendono utili per una breve mezz’ ora dentro a giornate lunghissime. Poi cosa fanno ? qualcuno andrà nel bar del quartiere a bere un caffè poi andrà a fare un po’ di spesa ed anche per quel giorno avrà avuto la sensazione di appartenere alla vita. In qualche modo ognuno di noi ha bisogno di appartenere agli altri, di essere esperito, di essere guardato, anche solo per un’ istante.

Ognuno di noi entra ed esce dalla vita della gente decine di volte al giorno : i piu’ fortunati molto spesso da protagonisti, altri comunque da comparse.

Ognuno di noi scandisce le ore e il proprio destino attraverso l’ incontro con gli altri. E se la vita, le coincidenze, ti hanno privato degli spettatori che amavi piu’ di ogni altra cosa, puoi bussare nelle vite accanto alla tua ed entrarci in punta di piedi.

Anche stando sulla porta di un’ asilo a specchiarsi negli occhi di cento nipotini immaginari.

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compiti

Or andiamo a incominciare la grammatica ad imparare…

Filastrocche, esercizi, operazioni. Compiti, compiti, compiti ci si rovesciano addosso come secchi acqua fredda che ci impongono di prendere atto che il w end non è un momento di relax come si vede nelle pubblicità.

Svegliatevi ragazzi : nel fine settimana bisogna produrre, far progredire i figli, colmare le lacune, portarsi avanti !

Non basta, non può bastare la settimana scolastica per imparare. Bisogna approfondire, portarsi in pari, bisogna essere all’ altezza, a  6 anni, così per sempre. E allora facciamoci coraggio : con un po’ di timore si aprono gli zaini dei figli e si affrontano i diari come fossero piante carnivore in attesa di farci saltare una mano.

Ah bè, un figlio ha solo storia, inglese, 4 esercizi di matematica, una filastrocca da imparare e  gli esercizi di italiano. L’ altro, per contro, ha solo 24 esercizi di matematica, 6 esercizi di storia, un tema da fare e copiare in bella, inglese e grammatica.

Non bisogna lamentarsi altrimenti si fanno trasparire le proprie debolezze…ma dai, a scuola ci siamo andati tutti! Fa niente che ai tempi le madri non lavoravano e ai figli non era richiesto di sapere l’ inglese come un manager a 8 anni, informatica e di essere performante, di stare al passo perché, si sa, quando saranno grandi dovranno gestire situazioni di stress, trasferirsi all’ estero, passare ai raggi x in multinazionali che per assumerti vogliono che tu sappia 5 lingue, ballare il tip tap, camminare sui carboni ardenti , essere simpatico ma deciso, arrendevole ma centrato.

Dai bimbi, i compiti li abbiamo fatti tutti da piccoli.

Peccato che ai miei tempi, al sabato come compito dovevo ritagliare le figure dai giornali ed incollarle sul foglio come esercizio di educazione tecnica e per geografia fare le montagne di carta pesta. Forse cucire un portamonete e fare il bricolage a scuola non ci ha portai a niente, ma siamo così sicuri che ingozzare i figli di nozioni come oche li renderà degli adulti soddisfatti e pieni di prospettive lavorative ? no davvero, a volte me lo chiedo.

Tempo fa leggevo un saggio sul Giappone e rimanevo basita del fatto che fin dall’ asilo i giapponesi  “ preparano “ i figli per l’ università con ripetizioni, corsi di inglese, sedute dallo psicologo, iscrizioni leggermente premature a licei prestigiosi.

Oggi siamo noi che nel silenzio delle nostre case, al sabato mattina, ci  sediamo a tavola, mettiamo un figlio da una parte e l’ altro dall’ altra e bevendo un caffè di fretta tentiamo l’ impossibile : seguire matematica e italiano di due classi diverse, rispondendo a dubbi diversi nello stesso istante, correggendo gli errori di entrambi ed ascoltando le perplessità che, giustamente, un bimbo di 8 anni ha diritto di esternare.

Morale : la morale non la trovo ed anche se a quest’ora della notte dovessi trovarla, non sarebbe funzionale al week end prossimo, quando mi siederò a tavola e dovrò avere lo sguardo convinto di una che deve motivare i figli a passare ore, del loro meritato tempo libero, a produrre ancora, a rimanere allenati, pronti, sul pezzo !

 

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Miracoli minimi

I miracoli !

Cosa pensate che siano ?

Sono cose molto semplici, ma che vibrano di un’ istante di magia.

I miei figli oggi in mensa  a scuola avevano, come primo, il brodo.

Immaginate la scena di 200 bimbi in fila con un vassoio , in attesa di ricevere un piatto fondo contenente del liquido bollente da portare al tavolo. Quando mi hanno raccontato la scena ho detto : “ ma come avete fatto ??? non vi siete rovesciati addosso tutto ? come avete fatto a schivare decine di alunni senza direzione, in un caos totale, portando un piatto che , alla minima oscillazione, fa rovesciare tutto ? “. Loro mi hanno detto : “ mamma , basta andare piano…non stiamo mica parlando di un miracolo “.

Provateci voi, prendete un piatto fondo pieno zeppo di brodo e passate dalla cucina alla sala da pranzo. Poi mi direte.

Il tempo si ferma in un’ immagine meravigliosa in cui dei bimbi, passino passino, tengono fra le mani un piatto bollente e sfidano la forza di gravità, le variabili secondarie, gli imprevisti di altri bimbi che tagliano la loro rotta e giungono al posto assegnato.

Il miracolo è un piccolo evento che commuove, delicato e leggero come una bolla di sapone che, una volta soffiata, rimane sospesa in aria per infiniti secondi, senza scoppiare mai.

Il miracolo è una gita la domenica quando il tempo sembra brutto, si mette a piovere mentre guidi  e poi il cielo si libera in un istante, come un sipario che si apre inchinandosi al sole.

Il miracolo sono le note di una canzone che adori e che ti raggiunge alla radio, in una giornata qualunque.

E’ trovarsi in vacanza con la tua famiglia e capire, ogni anno, che non vorresti essere da nessun’ altra parte, con nessun’ altro.

E’ un’ amicizia nata 30 anni fa sui banchi di scuola, che ha sfidato momenti difficili, lutti, che ha attraversato l’ adolescenza, la maturità, la distanza ed ancora vive di progetti.

Il miracolo è quando prendi in mano un libro, leggi una frase toccante e ti commuovi.

E’ affacciarsi alla camera dei miei figli e guardare le loro facce mentre dormono.

I miracoli sono frammenti piccolissimi di vita che incidono superfici monotone dando nuove rifrangenze. Sono le piantine che lasci sul balcone in agosto per andare in vacanza e te le ritrovi  che germogliano a settembre .

Ecco cosa sono i miracoli. Non sono pozioni magiche, non sono piedi che camminano sui tizzoni ardenti, non sono lacrime che rigano il volto di una statua. Il vero miracolo è vivere accompagnati da un sentimento. E aver curiosità per l’ esistere.

Diceva il mio amato Pessoa : “ tutto vale la pena, se l’ anima non è angusta “.

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ODIO IL NATALE 3

Mi ero prefissata di scrivere l’ ultima parte sul Natale in prossimità della Vigilia per concludere degnamente la trilogia, ma da come è cominciato dicembre inizio a pensare che dopo 24 giorni così potrei scrivere cose deliranti e feroci su questa festività, al punto da temere che potrebbero essere usate come prova scritta e tangibile per farmi internare con le pastoie.

Se già al 4 dicembre mi ritrovo a correre per la città in pausa pranzo con le mani piene di pacchi, un tramezzino di plastica in bocca, dando appuntamento a due persone diverse nello stesso orario agli angoli opposti della città….se come un’ automa sto già scrivendo “auguri” sui biglietti, se le recite dei figli si stanno accavallando ai saggi, esattamente quando non potresti lasciare l’ ufficio….bè, è il caso che io faccia in fretta a chiuderla qui !

Ragazzi, non ci riesco proprio, non mi viene in mente niente di speciale da dire sul Natale.

Cerco negli occhi della gente gioie e motivazioni che non trovo dentro di me. Il 90 % di voi mi dice : “guarda, mi hai rubato le parole di bocca, la penso come te”. Persone che fino a ieri sorridevano per strada, di colpo le vedo incupite, nervose, assenti. Chiedo : che c’è ? e mi rispondono : “non so…forse è solo che si avvicina Natale”.

Quindi sta sera scelgo di non infierire oltre.

Il Natale miete già vittime a sufficienza.

Facciamoci coraggio e cerchiamo di scovare il bello di questo mese allucinante.

Mangiamo tutto il mangiabile : affrontiamo l’ insalata Russa non come una nemica ma come un’ alleata. Beviamo tutto il bevibile. Cerchiamo di frequentare persone che ci fanno stare bene come antidoto al parente.

Chi ha una fede profonda troverà la via per dare una magia a questa ricorrenza che di magia ne ha persa tanta. Ognuno di noi potrà comunque confermare la magia nei legami d’ amore che possiede…che siano composti da 2 o 3 persone , a salire.

Per il resto la via sicura per salvarci è rivolgere lo sguardo ai bambini, ai figli perché loro sono gli unici che a questa festa ci credono ancora. E ci credono di una magia, di una freschezza, di una volontà che a volte mi  devo masticare le lacrime per la commozione.

 E per questo, dono a chi ha letto fin qui la dolcezza infinita di una poesia assurda e astrusa sul Natale che mio figlio ha composto oggi con un amico , testualmente :

 

 “ IL NATALE E’ REALE

   IL DONO E’ LEALE

IL NATALE E’ CARO E PURE LE ALI VOLANO NEL CIELO

E LE STELLE NATALIZZIE DIVENTANO PALLE DI NEVE CON IL CIELO TUTTO BIANCO

E ANCHE GLI ALBERI MENTRE BABBO NATALE PREPARA I REGALI “

 

 

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PISCINE

Un giorno qualunque un marziano viene mandato sulla terra per indagare l’ umanità e capirne i limiti , le dinamiche.  Dovrà fare una relazione sulla pericolosità del genere umano e stimarne i rischi per una eventuale invasione della terra.

Viene catapultato a Milano in un martedì lavorativo, alle 6 di sera, in una piscina dove si tengono i corsi di nuoto per bambini.

Si traveste da umanoide e si addentra negli spogliatoi.

La visione che ne trae è apocalittica : una confusione infernale, urla di madri impazzite che strattonano i figli. Bambini urlanti. Accappatoi che volano oltre le porte. Lo scenario è davvero raccapricciante. Il marziano rimane allibito nel constatare che il genere “madre”, da lui metabolizzato come individuo protettivo e amorevole verso la prole,  urla parole feroci e spinge i figli per accaparrarsi lo spogliatoio libero. Non manifesta la pietà da lui studiata in alcune opere come quella di un certo Rondanini, acquisita in un file prima della partenza verso la terra.

Tutto quello che aveva studiato prima di partire in missione viene disatteso : i corsi e gli hobby gli venivano dati come “momento di divertimento  e svago adottato dagli esseri umani per scaricare le tensioni lavorative” ;  sono invece sbuffi, stanchezza, follia. Il genitore gli veniva descritto come “ l’ essere piu’ amorevole e dolce creato dalla civiltà per assicurare la crescita della specie” . La visione rimanda piu’ ad una certa opera scritta da un certo Dante e riferita ad un girone infernale.

Nel caos generale di madri assassine si aggirano persone definite “ tate “, termine non registrato. Alcune sono giovani, trattano i bimbi come una cosa indecifrabile ma curiosa. Altre sono adulte e appaiono demotivate, degli automi che si ritrovano a gestire un pomeriggio snervante senza che il soggetto da accudire sia geneticamente di loro proprietà. Lo sguardo è assente, a tratti con dei lampi assassini che poi rientrano subito in uno sguardo pacato.

La cosa davvero preoccupante è che persone libere desiderino creare situazioni forzate in nome di una cosa chiamata salute fisica, a scapito di una salute chiamata mentale.

L’ umanoide, recitata la parte dell’ allievo in piscina, affronta la parte finale e imita gli altri andando verso un luogo chiamato docce.

Lì avviene il peggio.

Bimbi infreddoliti, stanchi morti, con le occhiaie, come zombie , si mettono in coda in attesa che un getto di acqua  li lavi quando sono già bagnati. Appena arriva il loro turno tornano in scena le madri che buttano sapone e urlano, urlano di fare in fretta. La parte finale è la vestizione e la coda per una cosa chiamata Phon. Qui le madri toccano i limite del disumano : paonazze di caldo e di stanchezza aumentano il volume della voce per via del motore del phon e gonfiano i capelli dei poveri bimbi, spingendoli qua e là per fare in fretta.

Rapporto finale :

si sconsiglia assolutamente di portare le proprie risorse sul pianeta terra e di assimilare la cultura degli umani. Si sconsiglia avvicinamento al genere “ madre milanese in giornata feriale.”

Tenersi a debita distanza dal genere “ tate “, non bene identificate ma potenzialmente pericolose.

 

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Sorrisi preziosi

Milano è la mia città, Milano è la mia tomba !

Sono grande, sto invecchiando, non credo piu’ alle favole. Ragazzi. È finita l’ era del  “troviamoci nel locale giusto, nella serata giusta”.

Forse neppure a vent’ anni mi appagavano queste cose, figurati a quaranta.

Ho bisogno di cose vere, ne ho sete.

Ho bisogno di guardare in faccia la gente, di abbracciare le loro vite, le loro esperienze. Ho bisogno di imparare cose nuove. Ho bisogno di interfacciarmi con sentimenti tangibili, brutti, belli, quel che sia, ma assolutamente veri.

No, la vita è troppo breve per recitare …non ho mai recitato e figurati se ora mi metto ad impostare teatrini.

Cammino per la strada ed incontro persone vere, fatte e finite. Sono persone che stanno facendo i salti mortali per attraversare una crisi epocale. Molte di loro si svegliano al mattino e non sanno se avranno lavoro per la settimana. Alcune si sono messe in gioco vincendo una borsa di studio per master importanti…non a 18 ma a 40 anni. Questa è la vita. Chiaro che saremmo tutti piu’ belli e senza rughe ad avere una bella realtà economica, una famiglia da Mulino Bianco. Ma mai, davvero mai, ho stimato chi il Mulino l’ ha trovato pronto e arredato senza battere ciglio.  Le persone che ogni giorno dovranno costruire la loro vita…quelle sì che mi catalizzano. Perché so che il loro piu’ piccolo sorriso dedicato al mondo è frutto di un’ impegno e di una volontà senza pari. La crisi  non è una favola stampata su un libro “ pop up “ , di quelli che poi li chiudi e vai a dormire sereno. La crisi piega le persone, modifica i connotati, toglie i sorrisi alle madri, incupisce i volti dei padri.

Ma la crisi, se la vogliamo guardare con occhi diversi, è un’ diario con le pagine bianche che lascia spazio a tutti noi per scrivere cose che negli anni 80 non sapevamo neppure di avere dentro.

Questo stato di precarietà, dove vale tutto e il contrario di tutto, dove non contiamo piu’ nulla, dove dobbiamo ribadire il nostro valore di individui quando fino a ieri era il mondo a doverlo comprendere…bè, questo stato di allarme continuo sta facendo emergere il valore oggettivo delle persone. Ed è in questi momenti che si gioca la forza, il carattere, l’ intelligenza, la versatilità, la potenza degli individui.

Poi ci sono altre persone che mi appaiono molto attraenti. Sono quelle che la crisi non la stanno neppure sfiorando, ma sono cosi’ centrate, così colte e intelligenti che non hanno bisogno di elevarsi rispetto agli altri. Vanno dritte per la loro strada. Non si fanno abbagliare dai “surprise party”. Guardano al valore della gente e decidono di starle ad ascoltare. In fondo, sanno che l’ economia non può essere la centralità dei valori. Fanno un passo indietro anche se potrebbero farne 10 avanti. Si mettono in ascolto. La loro  vera ricchezza sta nell accogliere il nuovo, sempre !

 

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