19 secret gardens…she has !

Sta mattina un sole prepotente ha subito incendiato l’ alba di arancione !

Alle 7,30 mi avviavo verso il metrò…niente macchina. Avevo appuntamento dall’ altra parte della città per esplorare luoghi e vie con l’ ausilio delle mie gambe.

Io e la mia amica ci siamo subito buttate verso Francesco Sforza.

Ho costeggiato il Policlinico dove mio padre, ogni martedì, va a giocare a scacchi con il male che si porta dentro. Vorrei vincesse questa partita. Ci sono giorni in cui tremo all’ idea che si ritrovi con le spalle al muro : scacco matto !

Fa un certo effetto correre davanti ad un ospedale. Il dinamismo del tuo corpo che in quell’ istante sprizza vitalità, è come un fascio di luce che illumina l’ edificio che ospita anime deboli, sconfitte…anime in ginocchio.

Corro e vado via…cerco di scrollarmi di dosso questi brutti pensieri .

Giriamo l’ angolo e ci troviamo davanti il Palazzo di Giustizia. Un imponente cubo bianco che contiene fascicoli e fascicoli, storie di gente che ha colpito, che ha rubato, che ha devastato cose e persone…e tutto intorno uffici di avvocati…un formicaio di professionisti intenti a ricucire, giustificare, sentenziare. Difendere i giusti e pure gli assassini. Brutta roba.

Svoltiamo verso viale Bianca Maria e giù verso Corso Venezia, alla ricerca di giardini, polmoni verdi per sfuggire al cemento. In un controviale ho visto una macchina con i finestrini schermati dal cartone. Magari fossero stati messi da due ragazzi innamorati, per baciarsi lontano da sguardi indiscreti.

Quell’ abitacolo era la casa di chi, come spesso ora accade, ha perso il lavoro e non gli è rimasto più nulla. Un piatto di carta sporco di cibo appoggiato sul cruscotto, coperte buttate sui sedili e fuori, appeso su una rete, un ometto con qualche abito. Un sacchetto…insomma, la sintesi di un armadio.

Anche questa è Milano. Se ci corri dentro la vedi proprio tutta nelle sue verità.

Lasciamo i Giardini passando all’ ombra del maestoso Museo di Scienze naturali. A guardarlo è proprio bello. Cariche di luce dorata, le sue mura già aranciate diventano meravigliose. Ripenso ai pomeriggi trascorsi a guardar leoni imbalsamati, quando i bimbi erano piccoli. Zebre in vetrina, dirimpettaie di alci e pinguini. Tutto il mondo sotto vuoto, fra le quinte di scenografie alquanto scadenti che non fanno onore alla nostra città ma che noi milanesi amiamo perchè in quei corridoi ci siam passati tutti, da piccoli e da genitori.

Molti sottovalutano però la bellissima collezione di minerali che si trova a pian terreno. Cristalli giganteschi di tormalina, ametiste, quarzi brillanti di ogni foggia e colore. Importanti per la dimensione. Per come sono stati lavorati scavando nella roccia, scorporando il brillio dal sasso, il rosa dal nero, il giallo dalla terra.

Da lì via, verso il Parco Sempione. Oggi vi confesso che ho fatto una gran fatica a fare anche solo 19 km. Quel maledetto Parco è immenso. Ed oggi si respirava un antipatico preludio di primavera. Antipatico per me che corro bene al freddo. Che a 2 gradi divento un bolide e con il caldo rallento come una tartaruga. Pressione bassa…50 di minima.

Ma oggi era primavera. Forse non ve ne siete accorti…tutti avvolti nei vostri cappotti. Oggi l’ aria sapeva di aprile ed il sole si infilava fra le piante, fra le case…te lo trovavi ovunque.

Come ogni sabato la corsa si avvia alla fine…impostiamo la rotta verso la Darsena. Si torna a casa. Come ogni sabato mi sento felice. Recupero il giubbotto lasciato in un bar insieme alle mie robe. Sta mattina mi sono presentata lì, ho bevuto un caffè e al barista ho detto : “ciao, ti lascio la mia giacca perchè devo andare a correre, ci vediamo più tardi”.

La cortesia è come l’ Esperanto. Ti apre le porte ed i cuori della gente.

Alla fine io e la mia amica ci siamo ribevute un bel caffè. “Grazie per il servizio guardaroba”.

Ti saluto, alla prossima.

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